Seno:
Ricostruzione mammaria post-tumore

Dopo un intervento di asportazione di tumore della mammella è possibile eseguire la ricostruzione attraverso molteplici tecniche.

A seconda dei desideri e delle esigenze della paziente, oltre che del tipo di procedura demolitiva eseguita, si può scegliere il tipo di ricostruzione più idoneo.

E’ fondamentale sapere che un seno ricostruito mira a recuperare le caratteristiche di forma e volume della mammella controlaterale, ma la simmetria perfetta non è quasi mai raggiungibile.
Quest’ultima frase, sebbene sembri un po’ dura, serve a contrastare informazioni sbagliate.

La procedura di ricostruzione di una mammella dopo un tumore è cosa ben diversa rispetto ad una procedura di chirurgia estetica!

Si parte da pressupposti fortemente diversi e si deve tener conto di una miriade di altre variabili (es. possibile radioterapia futura, chemioterapia, reinterventi, etc…).

La ricostruzione mammaria può essere immediata se eseguita durante lo stesso intervento demolitivo oppure differita se effettuata in un secondo tempo (solitamente dopo almeno 4-6 mesi). Solitamente, a meno che non sussistano particolari condizioni, si sceglie la ricostruzione immediata per motivi facilmente immaginabili.

La scelta del tipo d’intervento si effettua dopo un’attenta analisi medica che tenga conto di diversi parametri quali: necessità o meno di terapie complementari (es. radioterapia o chemioterapia), esigenze della paziente e condizioni locali dopo l’intervento demolitivo.

Le procedure disponibili sono diverse e si possono avvalere di espansori mammari, protesi definitive, reti, matrice acellulari, lipofilling o lembi autologhi.
Ovviamente la scelta viene fatta di volta in volta e calibrata sulla singola paziente.

In ambito ospedaliero, il 90% delle ricostruzioni avviene mediante protesi mammarie in gel di silicone.
A seconda del tipo di mastectomia, volume e caratteristiche delle mammelle, la ricostruzione può prevedere una protesi già definitiva oppure una temporanea chiamata “espansore”. In quest’ultimo caso, è necessario procedere a distanza di 4-12 mesi ad un nuovo intervento di sostituzione dell’espansore con la protesi definitiva.

Rispondere in poche righe a questa domanda non è possibile. A seconda della procedura scelta i tempi di convalescenza, la ripresa delle normali attività sociali e relazionali, i tassi e i tipi di complicanze variano moltissimo. Si rimanda per ovvie ragioni tutta questa parte alla specifica visita medica.

In alcuni casi, la ricostruzione mammaria dopo mastectomia può risultare un percorso difficile per alcune pazienti: complicanze, quali un’infezione mammaria od una riapertura della ferita con esposizione della protesi, possono essere alla base di un fallimento della ricostruzione stessa con necessità di doverla procrastinare ed adottare tecniche diverse.
Spesso, anche la radioterapia stessa, cura necessaria e complementare alla chirurgia per salvare la vita, diventa una fonte di complicanze in quanto determina la comparsa di un tessuto fibroso, duro e dolente che avvolge la protesi, distorcendola e causando dolore alla paziente.

Per queste pazienti è possibile lenire, ed in alcuni casi risolvere, il problema adottando una serie di tecniche ricostruttive che prevedano l’uso di tessuti propri della paziente (in gergo clinico: lembi) prelevati da regioni corporee che non hanno subito la radioterapia. Queste possono essere:

  • Lembi prelevati dal dorso: dalla schiena si possono prelevare lembi che sacrifica-no il muscolo gran dorsale, grasso sottocutaneo e cute o lembi a minor invasività che prelevano solo grasso e cute; a seconda del tipo di paziente, è possibile adottare o meno la tecnica mini-invasiva. La cicatrice che rimane nella sede donatrice (il dorso) è, compatibilmente con la posizione dei vasi sanguigni, collocata sotto la proiezione del reggiseno/costume da bagno. La durata dell’intervento chirurgico varia dalle 2 alle 4 ore. L’intervento si esegue in anestesia generale. Il ricovero dura dalle 2 alle 4 notti in media.
  • Lembi prelevati dall’addome: dalla pancia si possono lembi che solitamente sacrificano solo grasso sottocutaneo e cute della zona al di sotto dell’ombelico (per semplicità: i tessuti che vengono utilizzati per la ricostruzione mammaria sono quelli che vengono di norma eliminati nel corso di un’addominoplastica estetica). Le vecchie tecniche, che prevedono il sacrificio di uno dei due muscoli retti dell’addome, sono ad oggi considerate anacronistiche e foriere di troppe complicanze: il rischio di comparsa di un laparocele/ernia della parete addominale, con conseguente dolore cronico, non è più considerato accettabile dalla maggior parte dei chirurghi plastici. La cicatrice che rimane nella sede donatrice (l’addome) è collocata sotto la proiezione delle mutande. La durata dell’intervento chirurgico varia dalle 4 alle 8 ore. L’intervento si esegue in anestesia generale. Il ricovero dura dalle 5 alle 10 notti in media.

Esistono anche situazioni in cui la maggior parte del problema è correlato all’assenza di tessuto adiposo sottocutaneo a rivestire e proteggere la protesi mammaria. In tale caso la tecnica più appropriata è quella del cosiddetto lipofilling. Questo consiste nel trasferimento di grasso da una zona del corpo dove è ben rappresentato (spesso a livello di addome, fianchi, cosce) al seno, dopo esser stato purificato e reso più fluido. Nonostante sia una tecnica che lascia cicatrici millimetriche quasi invisibili esso rappresenta un intervento vero e proprio. Va eseguito in una sala chirurgica, sterile, in una struttura sanitaria ade-guata. La durata dell’intervento chirurgico varia da 1 a 2 ore. L’anestesia può essere generale o locale con sedazione. Il ricovero è day-hospital o massimo 1 notte.

Negli ultimi anni abbiamo sviluppato una tecnica ricostruttiva ibrida, composta dall’uso di tessuti propri della paziente (prelevati dal dorso) unitamente all’uso di una protesi mammaria.
Tale studio è stato pubblicato su una prestigiosa rivista internazionale di chirurgia plastica ricostruttiva (A Retrospective Comparative Analysis of Latissimus Dorsi (LD) Flap Versus Thoracodorsal Artery Perforator (TDAP) Flap in Total Breast Reconstruction with Implants: A Pilot Study. Brambilla L, Parisi P, Gatto A,… and Marchesi A. J Reconstr Mi-crosurg. 2022 Jul;38(6):451-459).

A differenza della tecnica tradizionale che prevede il sacrificio del muscolo gran dorsale, con conseguente indebolimento della spalla e cambiamento del profilo del dorso, questa tecnica prevede l’uso esclusivo dei tessuti finalizzati alla ricostruzione mammaria, ovvero cute e tessuto adiposo nelle quantità strettamente necessarie, basandoli su vasi sanguigni che vengono preparati con tecniche microchirurgiche mini-invasive.

Questo tipo di ricostruzione è innanzitutto rivolta a tutte quelle pazienti che hanno avuto una problematica in fase di ricostruzione mammaria, sia essa una contrattura capsulare da radioterapia sia un fallimento vero e proprio dovuto ad un’infezione od una esposizione della protesi mammaria. Il presupposto fondamentale per poter effettuare questa tecnica si basa sulla presenza di vasi sanguigni sufficientemente adeguati per poter prelevare in sicurezza cute e tessuto adiposo senza sacrificare il muscolo.
Un accurato studio pre-operatorio è pertanto fondamentale.

Il costante aggiornamento scientifico e lo sviluppo di nuove tecniche mini-invasive hanno inoltre permesso pertanto di ridurre il tasso di complicanze degli interventi, l’entità del dolore post-operatorio sia in nell’immediato sia a lungo termine, permettendo di norma un rientro più rapido alle proprie abitudini quotidiane.
Come evidenziato in ulteriore studio da noi pubblicato sulla rivista inglese di chirurgia plastica ricostruttiva (Thoracodorsal artery per-forator flap, muscle-sparing latissimus dorsi, and descending branch latissimus dorsi: A multicenter retrospective study on early complications and meta-analysis of the literature. Gatto A, Parisi P,… and Marchesi A. J Plast Reconstr Aesthet Surg. 2022 Nov;75(11):3979-3996.), esistono diverse tecniche a minor-invasività che possono essere adottate, caso per caso, analizzando accuratamente sia fattori locali (qualità e quantità dei tessuti, effetti della radioterapia, volume da raggiungere, pregresse cicatrici, etc) sia fattori generali di salute (presenza di tabagismo, terapie cortisoniche croniche, indice di massa corporea, etc..).

ricostruzione mammaria post-tumore