Chirurgia dei nervi
A volte, dopo un taglio anche banale (ad esempio usando un coltello in cucina e toccando un vetro rotto) ci si rivolge al pronto soccorso più vicino a casa per far vedere la ferita e suturarla.
In rari casi, a posteriori alcuni pazienti si accorgono di non avere più la sensibilità in una zona del corpo (soprattutto nelle estremità) o di non riuscire più a fare determinati movimenti (ad esempio flettere od estendere un dito).
In gergo clinico, tali eventi si chiamano lesioni misconosciute: ossia traumatismi di tendini e/o nervi che non sono stati identificati in acuto e che vengono diagnosticati successivamente.
Una corretta diagnosi e un appropriato intervento consentono di recuperare, di norma, i movimenti e/o la sensibilità persi.
In merito a tali ferite occorre sapere alcuni principi base:
- di norma, più passano i giorni e più l’intervento può risultare difficile: tendini e nervi tendono a retrarsi e talvolta non sono più riparabili con suture dirette. Occorre perciò impiegare tecniche ricostruttive più complesse
- più la ferita è prossimale (ossia verso l’ascella o l’inguine), più sono complicate le lesioni nervose in termini di recupero. La rigenerazione nervosa è lenta e spesso inefficiente.
- NON tutte le ferite nervose o tendinee possono essere trattate in modo efficace: ad esempio, alcune lesioni tendinee di vecchia data vengono talora trattate con un blocco articolare definitivo (in gergo clinico “artrodesi”) con lo scopo di ridurre il dolore e restituire un dito funzionale ai movimenti quotidiani. Ancora, lesioni nervose della branca sensitiva del nervo radiale spesso non recuperano la sensibilità anche se trattate tempestivamente ed evolvono in neuromi dolorosi. Per tale evenienza, sono stati proposti numerosi trattamenti in letteratura: tutti sono purtroppo accomunati da un tasso di successo solo parziale.
- Una tempestiva diagnosi e la valutazione presso un chirurgo esperto di nervi e microchirurgia è indispensabile per migliorare le possibilità di recupero.
Nel contesto dei nervi possono insorgere dei veri e propri tumori. Per fortuna, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di tumori benigni. La loro diagnosi, al di là dei dati clinici (insorgenza di dolori a scosse, formicolii, riduzione della forza in un distretto corporeo, etc..) è associata ad un’ecografia ed una risonanza magnetica.
Esistono molteplici tipi di tumori nervosi, sia tipo benigno che maligno, e la loro gestione è ben diversa.
I tumori nervosi benigni (es. schwannomi, neurofibromi) sono la maggior parte e vengono di norma gestiti presso centri di riferimento di chirurgia della mano e del sistema nervoso periferico. Al fine di non amplificare i danni creati dal tumore, è indispensabile un corretto intervento eseguito con la minor invasività nervosa possibile.
A conferma dell’avvenuta buona procedura, intraoperatoriamente i nervi vengono valutati medianti appositi elettrostimolatori al fine di verificare l’integrità delle fibre nervose.
L’obiettivo dell’intervento in questi casi è il recupero delle funzioni nervose e sensitive, oltre alla cessazione del dolore che è presente in molti casi.
I tumori maligni (es schwannoma maligno, neurofibrosarcoma, sarcoma neurogenico, ora chiamati tumori maligni delle guaine nervose periferiche), andrebbero gestiti nei centri di riferimento dei sarcomi.
Gli esiti della loro asportazione sono ovviamente più invalidanti in quanto il rischio di avere problemi di metastasi loco-regionali o a distanza è molto più alto.
L’obiettivo dell’intervento non è ovviamente il recupero delle funzioni del nervo coinvolto ma la vita della persona.
Congiuntamente all’intervento di asportazione o a posteriori, è possibile poi eseguire interventi di ricostruzione funzionale al fine di recuperare parzialmente i movimenti e/o la sensibilità persi con l’intervento chirurgico.
Grazie all’ausilio di caschi protettivi, i motociclisti spesso riescono a superare gravi traumi da incidente stradale grazie alla protezione del cranio. Nonostante ciò, le sollecitazioni meccaniche a cui sono sottoposti collo e spalla spesso procurano della paralisi all’arto superiore.
Di tutti i traumatismi che possono coinvolgere il sistema nervoso periferico, le paralisi del plesso brachiale rappresentano uno dei capitoli più complessi e più difficili da gestire.
Tra il collo ed il braccio esiste un’intricata rete nervosa che ha il compito di fornirci la capacità di svolgere tutti i movimenti complessi che svolgiamo nella vita quotidiana con le nostre mani. Una lesione di parte o di tutta questa rete nervosa comporta dei deficit motori e sensitivi estremamente invalidanti.
In caso di traumatismi chiusi (senza ferite penetranti), occorre di norma aspettare 4-6 mesi dal trauma prima di prendere qualsiasi decisione chirurgica. Spesso si assiste ad un recupero spontaneo grazie alla rigenerazione nervosa. Quando ciò non avviene, vuol dire che il traumatismo ha procurato un danno importante a tutta la struttura del nervo stesso. A seconda della sede della lesione, del numero delle lesioni e delle tempistiche dal trauma, è possibile effettuare degli interventi chirurgici molto complessi al fine di recuperare parte dei movimenti perduti.
Una valutazione presso un centro di riferimento di sistema del nervoso periferico e di microchirurgia è indispensabile per poter impostare un eventuale percorso terapeutico.
In ogni caso, prima di affrontare una chirurgia del plesso brachiale, è bene sapere le seguenti comuni nozioni:
- L’obiettivo di questi interventi NON è quasi mai il ritorno allo stato normale pre-trauma: si punta al recupero di eventuali movimenti (in alcuni casi anche sensibilità) al fine di migliorare la qualità di vita quotidiana
- Gli interventi sono spesso molteplici: non ne basta quasi mai uno e vengono impiegate tecniche che prevedono uso di nervi, tendini e muscoli a seconda del caso. Tutto ciò comporta cicatrici più o meno visibili, indispensabili per poter effettuare ricostruzioni molto complesse
- E’ indispensabile eseguire costantemente una fisioterapia mirata al mantenimento delle escursioni articolari, dell’elasticità di tendini/muscoli/legamenti e al rinforzo muscolare. Tutto ciò sia in previsione degli interventi sia dopo li stessi.
I sarcomi rappresentano un tipo di tumori maligni che spesso affliggono gli arti. La loro asportazione, di norma effettuata presso centri di riferimento dei sarcomi, porta spesso ad esiti invalidanti sia dal punto di vista morfologico (deformità degli arti, vaste aree cicatriziali e dolorose) sia dal punto di vista funzionali (perdita di alcuni movimenti e di aree di sensibilità).
Grazie alla combinazione di tecniche di chirurgia plastica, microchirurgia e procedure di ricostruzione nervosa e mio-tendinea, è possibile migliorare la qualità di vita in molti pazienti.
In ogni caso, prima di affrontare una chirurgia ricostruttiva post-sarcoma, è bene sapere le seguenti comuni nozioni:
- La ricostruzione differita va effettuata quando i colleghi chirurghi oncologi ritengono terminato il periodo finestra di osservazione per eventuali recidive locali del tumore.
- E’ indispensabile un corretto inquadramento presso un centro di chirurgia plastica, chirurgia della mano e microchirurgia ricostruttiva.
- Gli interventi sono spesso molteplici: non ne basta quasi mai uno e vengono impiegate tecniche che prevedono uso di nervi, tendini e muscoli a seconda del caso. Tutto ciò comporta cicatrici più o meno visibili, indispensabili per poter effettuare ricostruzioni molto complesse
- E’ indispensabile eseguire costantemente una fisioterapia mirata al mantenimento delle escursioni articolari, dell’elasticità di tendini/muscoli/legamenti e al rinforzo muscolare. Tutto ciò sia in previsione degli interventi sia dopo li stessi.